lunedì 14 settembre 2020

VISTO A SETTEMBRE A VENEZIA

 

HENRY CARTIER BRESSON
LE GRAND JEAUX
FINO AL 20 MARZO 2021

PALAZZO GRASSI PUNTA DELLA DOGANA - PINAULT COLLECTION

PALAZZO GRASSI

E’ circa il 1970 quando Herny Cartier Bresson, uno dei maggiori fotografi viventi, dopo 20 anni di intensa attività, decide di prendere una pausa e ritornare ad un antico amore, il disegno.

E’ sempre in questo periodo che arriva il momento di tracciare un bilancio ed è grazie al volere del  fondatore dell’agenzia Magnum, Robert Capa che si concretizzerà materialmente una raccolta dell'opus di Cartier Bresson la Master Class.

Ora il pubblico e tutti i suoi estimatori avevano a disposizione uno strumento indispensabile per comprendere la sua opera.

Il Gran Jeaux, così era anche definita la Master Class stampata nel 1973 da George Fevre al Laboratorio Pictorial di Parigi, constava di  385 foto scelte personalmente da Bresson, tutte in formato  30x40, stampate ai Sali d’argento e suddivise in sei set fotografici.

Il fotografo della quodianità, degli scatti rubati, poco incline al ritratto posato, diveniva così fruibile al grande pubblico.

Il Grand Jeux  è visibile a Venezia in questo periodo a Palazzo Grassi Museo Pinault, grazie ai prestiti di tre istituzioni: La Pinault  Collection, la Bibliotheque  Nationale de France e la Fondation Henry Cartier Bresson .

Questa mostra, oltre a celebrare la sua arte, ha voluto anche mettere in evidenza le scelte, il gusto ed i punti di vista di 5 illustri curatori. 

Francois Pinault ha voluto infatti, nella sua qualità di ideatore di questa mostra, avvalersi di artisti presi dal mondo della fotografia,della letteratura e del cinema che hanno scelto ognuno e per proprio conto senza interfacciarsi l’uno con l’altro, alcuni suoi scatti.

Questi sono Annie Leibovitz, fotografa ufficiale della Rivista “Rolling Stone” nel 1970 ma anche di Vanity Fair, divenendo famosa per i suoi ritratti di famose personalità del mondo dello spettacolo e della politica, immortalando nel 1973 ad esempio, le dimissioni di Richard Nixon.

Javier Concas, filologo ed insegnante di letteratura spagnola all'università dell'Illinois.

Wim Wenders, regista, noto nei suoi film per la ricerca della bellezza pura parlando al tempo stesso di angoscia e speranza. 

Infine Silvie Aubenas, curatrice della Bibliotheque Generale de France, tenendo poi corsi di storia della fotografia per dodici anni alla Sorbona, avendo in grande considerazione i legami tra fotografia e disegno.  

La mostra è in corso e visibile fino al 20 marzo 2021

Josè Migliorino

 


giovedì 9 luglio 2020

Raffaele Buonaiuto, lo Chef Visionario



L'arte incontra la cucina

La Chef Visionario
Astrattismo in Cucina?

Raffaele Buonaiuto


"Il colore è la tastiera, gli occhi sono i martelli,
l'anima è il pianoforte con le corde.
Gioca toccando un tasto o l'altro
per causare vibrazioni dell'anima"
Wassily Kandinskij 



Raffaele Buonaiuto
L'arte nelle sue molteplici declinazioni e forme, ha sempre rappresentato il modo in cui l'uomo ha voluto comunicare fin dai primordi la propria presenza sulla Terra, essenza e modo di essere.
  Il mondo per immagini ci è sempre venuto in aiuto a comprendere insieme all'antropologia culturale, la sua evoluzione. E' sufficiente riflettere su come, già a partire dai primi graffiti sulla roccia impressi dall'uomo, sia stato possibile risalire e comprendere in assenza di testi scritti, gli usi ed i costumi delle popolazioni primitive.
Oggi più che mai, abbiamo bisogno di esternare quanto sentiamo attraverso gli occhi, l'anima ed allargando sempre più i nostri confini, coinvolgendo i sensi tout court.
La cucina è divenuta parte integrante di tutto questo; anch'essa patrimonio da sempre della nostra cultura e tradizioni, oggi si presenta in una nuova veste grazie al mix di culture di cui siamo in qualche modo tutti permeati ma soprattutto agli incontri con culture totalmente opposte alla nostra che determinano ogni giorno nuovi spunti, influenze peculiari di una società mulltietnica che chiamiamo melting pot.

Wassily Kandinsky
 Lo spunto per deviare anche se non troppo dagli argomenti di cui sono solita occuparmi in questo mio spazio ed in generale nel mio lavoro, mi è venuto da un casuale ma quanto mai interessante incontro con uno chef che definisco artista minimale.
Sto parlando Di Raffaele Buonaiuto.
In un momento come questo, nel quale la cucina ha fatto un salto qualitativo, divenendo in qualche modo patrimonio di 
tutti soprattutto a livello qualitativo; le 

Raffaele Buonaiuto
reiterate trasmissioni televisive ci hanno catechizzato sui cibi più disparati nell’accezione più alta, propagando quindi un nuovo modo di mangiare all’insegna della salute in primis ed al tempo stesso, valorizzando e diffondendo le eccellenze italiane .
La degustazione di un piatto tuttavia ora si accompagna sempre più alla contemplazione estetica di esso tanto che il food porn padroneggia.

Chi di noi, io per prima trovandomi di fronte ad un piatto esteticamente, bello non desidera condividerlo sui social.
Ma parliamo di Raffaele Buonaiuto, chef di origine campana.  Nasce con una “insana” passione per la cucina che lo induce fin da bambino a cucinare i suoi primi piatti guardando mamma e nonna, decidendo da subito di intraprendere la scuola alberghiera.

Tutto questo non gli basta, il ragazzo è curioso, avido di imparare e gira il mondo, acquisendo oltre alle tecniche della cucina giapponese ed internazionale, la mise en place che rende personale, facendo assurgere i suoi piatti a delle vere opere d’arte.
Ecco il motivo per il quale la digressione sulla cucina incontra il mio lavoro.

Nei piatti di Buonaiuto troviamo l’arte, quella astratta di un grade maestre del Novecento europeo e mondiale, insieme all’utilizzo di ingredienti d’eccellenza. 
Nella sua cucina è possibile scorgere anche se  inconsapevolmente, un richiamo ai maestri dell’arte contemporanea. Non posso non fare riferimento al padre dell’Astrattismo, Wassily Kandinsky. 

Raffaele Buonaiuto


 
Wassily Kandinsky

La correlazione tra colorismo utilizzato nella disposizione del cibo sul piatto rinvia ad un approccio al colore che Kandinskij traeva dall’ascolto della musica. Quest’ultima in quanto astratta, lascia esprimere le emozioni in modo diretto. Se nel primo “Il Lohengrin” di Wagner è la fonte ispiratrice, in Buonaiuto, figlio del suo tempo, è la musica House francese e tedesca, le migliori a suo dire, a favorire l’esaltazione della sua passione e gesto istintivo. Un indiscutibile istinto cromatico mediato tuttavia dalla ratio e dall’equilibrio va ad aggiungersi alla realizzazione dei suoi piatti.

Il pesce è il protagonista di tutto questo, crudo o appena scottato, viene abbinato ad ingredienti vegetali o di titpo floreale, ovviamente edibile.


Una cucina minimale ma al tempo stesso colorata, imperniata sulla sottrazione più che sull’addizione, per conferire allo spettatore, che è anche degustatore, una visione estetica che non è più del cuoco ma dell’artista.
Nell’atto creativo del piatto Buonaiuto agisce sull’onda dell’istinto che in un secondo momento viene mediato dalla ratio proveniente senz’altro da influenze orientali garantendo un effetto finale assolutamente armonico ed esteticamente di grande effetto.

mercoledì 1 aprile 2020

Ritratto di donna. 
Il sogno degli Anni Venti lo sguardo di Ubaldo Oppi
Vicenza, Basilica Palladiana

Ubaldo Oppi, Le amiche

Negli Anni Venti, in Europa, si respira un'aria nuova.
La Prima Guerra Mondiale appena conclusa, determina un desiderio di rinascita che si ripercuote anche nelle arti.
Si fanno largo in questo panorama ed atmosfera particolare, le donne.
Donne nuove, forti che escono dagli stereotipi classici. 
Fa capolino nella nascente società post bellica, la donna moderna, coraggiosa, emancipata che, pur nella bellezza ed eleganza degli abiti che indossa, desidera esternare ciò che pensa.

Coco Chanel, Amelia Earhart, Isadora Duncan
Emergono in questo periodo delle figure femminili importanti: Amelia Earhart che sorvola in solitaria
l'Atlantico, Coco Chanel che, con la sua rivoluzionaria filosofia, porta avanti un concetto di moda che rivoluzionerà la visione di femminilità fino a quel momento in voga. Con il suo "tubino nero", sdogana la moda classica e rigida per dare vita ad una eleganza di classe, ma pratica al tempo stesso https://capesaro.visitmuve.it/it/mostre/archivio-mostre/mostra-culture-chanel/2016/07/17887/culture-chanel-la-donna-che-legge/
Isadora Duncan www.mart.rovereto>isadoraduncan, ballerina americana, inventa la danza moderna, permettendo al corpo femminile una nuova libertà di movimento, rompendo così con l'accademismo classico.
Nel movimento, così come nell'abbigliamento legato alla danza, preferisce abiti morbidi e leggeri che esaltino i movimenti liberi ed armonici che il corpo può fare.
Anche Josephine Baker incanta il pubblico parigino con i suoi balletti.

Questa è l'atmosfera che si respira nell'immediato primo Dopoguerra ed è lo stesso clima che pervade molti artisti, i quali vogliono rendere omaggio e dare risalto alla donna di questo momento.

La città di Vicenza ha voluto celebrare con questa mostra, la figura di Ubaldo Oppi, un artista vicentino di adozione che, viaggiando per l'Europa in quel particolare periodo, ha respirato il nuovo clima artistico, facendo proprio quello dtesso fermento. Assiste egli stesso a Vienna, alla nascita della Secessione Viennese e della sua rivista manifesto "Ver Sacrum", voluta da Gustave Klimt; 

"Ver Sacrum" 1898
Vittorio Zecchini, Dorothea
corrente, caratterizzata da una forte opulenza estetica nella quale i temi figurativi ma classicheggianti al tempo stesso, mancano volutamente di profondità pittorica, ispirandosi ai mosaici dell'arte bizantina.
Gustave Klimt con "l'Abbraccio" e Vittorio Zecchini, con Dorothea, introducono la mostra per significare il momento e l'influenza subìta da Zecchini stesso, spettatore a Vienna di tutto questo.

Gustave Klimt, Abbraccio

Insieme ad Ubaldo Oppi, molti gli artisti scoperti e portati alla ribalta da quella che è considerata la prima criticaa d'arte di questo tempo: Margherita Sarfatti. 

U. Oppi, Ritratto della moglie
 
Nel 1922 a Milano viene fondato il movimento "Novecento", una corrente artistica di pensiero, nata dall'esigenza di un ritorno all'ordine dopo le esperienze avanguardistiche dei primi anni del nuovo secolo, ambendo alla ripresa degli stilemi dell'antichità classica e quindi alla purezza delle forme ed all'armonia nella composizione.
 
In architettura, questo ritorno si manifesta con Giò Ponti, mentre in pittura gli interpreti del nuovo sentire sono: Mario Sironi  Anselmo Bucci, Malerba Oppi e Marussig.
Il nascente movimento, in Italia, viene incoraggiato da "Valori plastici", rivista critico-artistica fonadata a Roma nel 1918 da Mario Broglio e nata per la diffusione estetica della pittura metafisica.

Mario Sironi, Cavallo bianco
Il "ritorno all'ordine" viene bene interpretato da Margherita Sarfatti, critico d'arte di origine ebraica che, con Mussolini esporta e diffonde l'arte italiana in Europa attraverso una serie di mostre.

"I sette artisti del Novevento" da lei guidati si presentano tuttavia alla "Biennale di Venezia" in numero di sei dato che Oppi decide di esporre da solo.

Ci troviamo di fronte ad opere caratterizzate da forme plastiche e geometriche con generi d'elezione come ritratti, nature morte, paesaggi.
Lo stile presenta una particolare durezza espressiva, con iconografie semplici ma solenni e monumentali, fatte di una rigorosa prospettiva, in seguito definite "Realismo magico".

Pietro Marussig, Ritratto femminile

La Sarfatti organizzò altre mostre, alle quali presero parte De chirico, Carrà, Morandi, Martini, Balla, Depero e Severini.
 
La mostra, allestita alla Basislica Palladiana, offre una panoramica esauriente e chiarificatrice del momento di grande cambiamento nella pittura italiana degli Anni Venti.



mercoledì 26 febbraio 2020



IN FABULA +

IDA FERRARA 

TACCO 11 AMERICAN BAR


Ida Ferrara è un'artista che ha scelto l'illustrazione come genere per esprimere sé stessa ed attuare un cammino ed una ricerca concettuale rivolta agli altri.
Parlare di Illustrazione oggi, significa fare riferimento ad una forma d'arte molto antica che affonda le sue radici in un periodo molto lontano, la quale assurse a genere di grande importanza grazie all'invenzione della stampa e poi nel '700 quando le Gazzette ed i Giornali Satirici prima in bianco e nero e poi a colori, furono destinati ad un pubblico vasto ed adulto.
Fu poi l'800 ed il Romanticismo a rilanciare l'illustrazione per gli adulti e per l'infanzia. Il libro illustrato ebbe fortuna in questo secolo e, nella sua patria di elezione, l'Inghilterra, fiorì una valente scuola di illustratori ed incisori e, mentre le tecniche di stampa miglioravano, la nascita ed il progredire della tecnica fotografica costituiva al tempo stesso un pericoloso concorrente.


Ida Ferrara "Teste"

L'Ottocento è un secolo molto importante dal punto di vista artistico. Nascono le prime avanguardie storiche come l'Impressionimo, il Neo Impressionismo in Francia ed il Futurismo in Italia, ma le innovazioni portate dalla Rivoluzione Industriale, portano anche allo sviluppo della Pubblicità che apre il campo al Manifesto Pubblicitario. Henry de Toulouse Lautrec, Pierre Bonnard in Francia grazie all'arrivo delle stampe giapponesi e Fortunato Depero in Italia con il suo Manifesto sulla Pubblicità, aprirono la strada ad un mondo che tutt'oggi con il sopravvento del digitale, è entrato in modo prepotente in ogni ansa del nostro quotidiano.
L'Illustrazione, come genere artistico, è una rappresentazione visiva che può avere la forma di disegno o di fotomontaggio, ed è normalmente funzionale alla esemplificazione o decorazione di un testo scritto e, a differenza dell'arte moderna, non ha una funzione estetica. Molti illustratori infatti, hanno il vezzo di chiamarsi “artigiani” e scansare così la definizione artistica ma così non è.
L'illustratore, oltre ad essere un artista ed un fine disegnatore, ha un archivio personale ricchissimo.
Egli deve saper realizzare qualsiasi forma.
All'illustrazione si chiede sempre di essere al servizio di un testo o di un articolo e quando è per i bambini, di adattarsi alle idee che una nazione ha dell'educazione estetica e morale dell'infanzia in un particolare momento storico.
Ida Ferrara ha un percorso artistico ed umano particolare.

Ida Ferrara, serie "Volti"

Dimostra fin da bambina una naturale predisposizione per l'arte ed il disegno che però non coltiva da subito, percorrendo strade diverse: il liceo classico prima e la facoltà di architettura poi che però non porta a termine dedicandosi all'insegnamento.
Si avvicina all'illustrazione per caso e seguendo dei corsi, si appassiona ad essa a tal punto da farlo diventare il suo genere.
Ida Ferrara mette in scena la sua anima utilizzando una tavolozza particolare ed una tecnica pittorica diversa da quella normalmente utilizzata dagli illustratori.  Se  Jean Michel Folon, pittore scultore ed illustratore belga, utilizza l'acquerello a sottolineare l'essenzialità delle sue forme, dei visi allungati e del suo particolare rapporto con lo spazio, Ida Ferrara utilizza l'illustrazione per portare in scena sé stessa e gli altri avvalendosi di figurine essenziali e leggere che incuriosiscono subito lo spettatore per la sovradimensionalità delle teste a comunicare grande sofferenza e travaglio psicologico.
Dal mondo dell'illustrazione, Ida mutua il mezzo cartaceo come strumento veloce, di servizio, essenziale e di pronto utilizzo, nel quale vi è anche ciò che l'artista rappresenta.
Donna del Sud che fa parlare le sue opere utilizzando materiali semplici che non richiamino troppa attenzione, ma pregni di significato, nel momento stesso in cui ci mettiamo di fronte ad essi ed osserviamo il messaggio.


"Teste"

Ciò che immediatamente suscita la nostra attenzione, è la serie di quelle che Ida chiama “TESTE” e che tiene molto a rendere differenti dall'altra serie che ella invece definisce “VOLTI”.
Nella prima, ci troviamo subito di fronte ad un mondo al femminile che accompagna poi tutta la sua produzione. Quasi nulla l'attenzione dedicata all'universo maschile, se non per un'opera qui esposta “I fidanzati” a sottolineare l'armonia di un sentimento così complesso e qui idealizzato.

"I fidanzati"
 Le “teste” sono inserite in uno sfondo caratterizzato da una profonda “indeterminazione”, uniforme ma non condotto secondo la tecnica dell'acquerello o del pastello; Ida ricorre al colore acrilico che le fornisce una tavolozza pastosa, intensa perchè intensi e contorti  sono i pensieri che si agitano nelle menti di queste donne. L'artista ci illude e ci dà l'imbocco di una apparente tranquillità con la geometria e l'ordine nell'esecuzione pulita e ordinata di queste forme femminili che però subito dopo appaiono volutamente sganciate dal mondo reale con dimensioni abnormi delle teste fuori dagli schemi, non connotate fisicamente se non da occhi e bocche molto piccole che rimandano alle figure maschili e femminili del pittore di origine spagnola  Antonio Bueno. Non sono infatti i caratteri somatici che interessano l'artista ma i capelli di queste figure femminili.
Essi sono il prodotto, l'elaborazione di ciò che è avvenuto nelle loro menti e che bene rappresenta filosoficamente quella mancanza di un centro che caratterizza l'uomo moderno, L'inadeguatezza, la precarietà ed il vuoto che ben avevano teorizzato i filosofi esistenzialisti.
I colli sottili, proiettati verso il cielo, vengono realizzati proprio per staccarsi dal terreno luogo di inadeguatezza, verso un cielo infinito.
Un'attenzione a parte, di segno contrario e dal sapore decisamente più positivo è rappresentato invece dalla serie di “VOLTI”.

"Teste"

Nei volti femminili l'artista cambia l'orientamento attuato nella serie precedente e torna ad una sorta di normalità che prima era stata stravolta nella orizzontalizzazione dei visi.
I Volti infatti rappresentano il viaggio nella memoria dell'artista “Altri tempi”, “Serenamente”, “Distanze”, “Ragazza”.
Sono le donne di Ida, quelle vere, con i colli sempre un po' allungati ma questa volta con i capelli in ordine, con la messa in piega appena fatta, eleganti e a posto. L'ordine nel quale Ida è vissuta nella sua infanzia.
La tavolozza qui si scalda. Certo, è ciò che conosce e le appartiene profondamente, sono le sue radici, anche se lo sfondo rimane sempre impersonale.
In questo caso probabilmente si sarebbe pure avventurata nel pastello o nell'acquerello, poiché l'acrilico è trattato tutto in un altro modo. Non vi è più la stesura piatta del colore peculiare dell'illustrazione ma più movimentata in un pur accennato chiaroscuro nelle tonalità del pastello. Ida Ferrara illustratrice a tutto tondo, ci offre qui un assaggio del suo operare, traendo dalla favola gli  spunti per una comunicazione semplice rivolta al mondo dell'infanzia senza tuttavia tralasciare il messaggio al mondo degli adulti.